Sta facendo impazzire gli esploratori | Il mistero del Monte Inici e ciò che si nasconde nel profondo

Monte Inici svela grotte carsiche profonde 420 m e fossili marini, persino vertebre di antichi cetacei: un’avventura tra scienza e leggenda.

A cura di Paolo Privitera
23 luglio 2025 18:00
Sta facendo impazzire gli esploratori | Il mistero del Monte Inici e ciò che si nasconde nel profondo - Foto: Maria8804/Wikipedia
Foto: Maria8804/Wikipedia
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Un gigante di pietra tra cielo e tirreno

Monte Inici (1 064 m) domina Castellammare del Golfo come un bastione calcareo scolpito da 180 milioni di anni di storia geologica. Il massiccio custodisce un sistema ipogeo colossale: l’Abisso dei Cocci e la Grotta dell’Eremita superano i 6 km di gallerie e −420 m di profondità, con sale incrostate di cristalli di calcite, laghetti turchesi e un micro-clima stabile a 26 °C. Gli speleologi hanno mappato oltre venti cavità minori, tutte nate dal carsismo che corrode il «rosso ammonitico», il celebre calcare nodulare infarcito di conchiglie giurassiche. Dal versante orientale partono sentieri forestali che toccano antiche cave di marmo, lecci e l’endemica Ptilostemon greuteri, sorvegliata speciale della botanica mediterranea.

Balene, ammoniti e il museo segreto della tetide

Fra le stratificazioni mesozoiche di Inici affiorano migliaia di fossili marini: ammoniti, brachiopodi, aptici e perfino vertebre frammentarie di cetacei miocenici, segnalate negli «Atti della Società Geologica Italiana» già nel 1931, prove che qui passava un braccio dell’antico oceano Tetide. Le formazioni, datate Giurassico medio–Cretaceo inferiore, raccontano un fondale ricchissimo dove nuotavano enormi rettili e le prime balene ancestrali; oggi i reperti più delicati sono custoditi nei depositi del Museo Gemmellaro di Palermo, mentre gli escursionisti possono osservare sul campo interi bancali di conchiglie spiralate incastonate nella roccia rossa. Le grotte stesse conservano concrezioni «a pinna» e ossa mineralizzate inglobate nelle pareti, un paradiso per paleontologi e fotografi speleo.

Curiosità: le niviere e la granita dell’800

Sull’altopiano sommitale sopravvivono sei antiche niviere, pozzi circolari rivestiti in pietra dove, fino a fine Ottocento, i contadini stoccavano la neve invernale pressata a strati di felci. In estate i blocchi di ghiaccio venivano calati a valle di notte, avvolti in sacchi di iuta, e rivenduti nei caffè di Trapani e Palermo per preparare la primissima granita siciliana. Queste «grotte del freddo» sono visitabili seguendo il sentiero forestale 7/A e rappresentano un raro esempio di archeologia del freddo nel Mediterraneo.

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